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Garden Club

F. Gàbici - S.Maria in Porto indietro

"PICCOLE E GRANDI STORIE ALL'OMBRA DI SANTA MARIA IN PORTO" 

Conferenza del Dott. FRANCO GÀBICI

alla sala "Don Minzoni" del Seminario Arcivescovile du Ravenna

 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nella sua quarta conferenza per il Garden Club, il Dott. Franco Gabici ci ha guidato da una Ravenna ottocentesca ad avvenimenti che hanno permesso a molti ravennati presenti di ripercorrere con nostalgia momenti del loro passato.
La zona monumentale di Santa Maria in Porto verso Porta Nuova, adiacente ai giardini pubblici, per le demolizioni, per le distruzioni dovute agli eventi bellici, per gli eventi lì organizzati, mostra in modo particolare il processo evolutivo della città.
Come sempre Franco Gabici ha affrontato l’argomento in prima persona, riportando quelle “piccole e grandi storie” che lo vedono attento alle memorie locali anche per parentela, per legami di amicizia, per diretta conoscenza dei personaggi.
Questo sentimento identitario traspare dai suoi numerosi scritti e non possiamo non ripetere che ciò lo accomuna ad altri illustri ravennati che hanno amato questa città come Santi Muratori, Corrado Ricci, Luigi Rava, Umberto Foschi.

Alcune sequenze cinematografiche girate vari decenni fa, mostravano la zona fuori Porta Nuova : piccole costruzioni tipiche dei borghi.
Si vedeva a destra il locale di ritrovo dove oggi c’è una pasticceria e la farmacia della famiglia Ascanelli.
Franco Gabici ricorda il nome di molti ravennati del borgo; il loro lavoro e le consuetudini di vita evidenziano le condizioni sociali del tempo.
 

            

Porta Nuova è una delle più belle porte della città di Ravenna.
Fu riedificata nel 1580 come Porta Gregoriana in onore di papa Gregorio XIII e successivamente restaurata dal Cardinale Donghi, sembra addirittura su progetto del Bernini.
E' decorata con preziosi marmi provenienti dalla demolizione di Port'Aurea e in alto si nota una pregevole lunetta in ferro battuto. Franco Gabici ha ricordato due ravennati, i fratelli Andrea e Francesco Garavini, abili artisti nella lavorazione del ferro, che hanno eseguito questa importante parte dell'opera.
 

La storia di S.Maria in Porto, del suo monastero, della caserma Garibaldi bombardata durante la seconda guerra mondiale, è stata illustrata attraverso immagini d’epoca facendo riferimento anche a ricordi di gioventù. Molti ragazzi della zona incuranti del pericolo, entravano all’interno dei locali pericolanti della caserma e con loro c’era anche il nostro relatore.

 

La storia della Basilica

                         
     

 

 

 

  
 

 

 

 

La costruzione della basilica risale al 13 Settembre 1553, data in cui fu posta la prima pietra, sulla quale era scritto: "Maria Portuensium Mater et Ravennatum Protectrix" (Maria madre dei Portuensi e protrettrice dei Ravennati).
Il progetto doveva essere già stato presentato prima del 1511, prima cioè della battaglia di Ravenna, del sacco francese, della peste e della carestia. Il disegno della pianta della chiesa fu opera di Bernardino Tavella, ravennate piuttosto sconosciuto, mai nominato nelle carte portuensi, il quale la progettò per i Canonici Lateranensi. Questi all'inizio del XVI secolo avevano abbandonato la chiesa di Santa Maria in Porto Fuori, a quattro chilometri dalla città, perché i Veneziani, dominanti a Ravenna dal 1441 al 1509, ostacolarono la costruzione che essi avevano intenzione di realizzare a lato della chiesa di Santa Maria in Porto Fuori, per paura che potesse offrire un facile rifugio ai nemici della Repubblica. Il priore D. Matteo Buozzo acquistò un gruppo di case che in seguito abbatté ed il 5 Agosto 1496 (solennità della Madonna della neve) si dette inizio alla costruzione del nuovo Monastero. Nel 1511 arrivò in città Giulio II, si stabilì nella Canonica portuense e concesse particolari indulgenze a chi avesse contribuito alla costruzione. Per far fronte alle ingenti spese che richiedeva l'erezione della chiesa, il Papa Giulio II autorizzò i portuensi ad utilizzare il materiale della chiesa di San Lorenzo in Cesarea, a condizione che nella nuova chiesa fosse eretta una cappella dedicata al santo.
Nel frattempo, 28 delle 30 bellissime colonne della chiesa di San Lorenzo furono spedite a Roma.
Nel 1565 il Cardinale Carlo Borromeo, legato di Romagna, ospite dei Portuensi, donò 100 scudi per i lavori di costruzione. La domenica in Albis del 1570 il simulacro della Madonna Greca fu traslato dalla cappella interna del chiostro al tempio in via di ultimazione, anche se provvisoriamente la sacra immagine venne collocata nella cappella di S. Lorenzo. Sarà solo nel 1631 che la Madonna Greca verrà trasportata dalla cappella di S. Lorenzo al lato opposto del transetto, dove era appena stato terminato il suo apposito altare e dove si trova tuttora. La basilica venne consacrata dal cardinale Pietro Aldobrandini, arcivescovo di Ravenna, l'8 Ottobre 1606, sebbene non fosse ancora terminata la cappella della Madonna.
Le memorie raccolte dagli scrittori ravennati ci testimoniano che nel 1650 le pareti della cappella della Vergine erano tutte rivestite di ex voto, simbolo eloquente della pietà riconoscente dei fedeli.
Nel 1798, con la soppressione delle congregazioni religiose voluta da Napoleone, furono cacciati i Canonici Portuensi; la Chiesa ed il Monastero in città divennero quartiere per le truppe. Solo nel 1828 i Canonici superstiti poterono tornare, ma privati di tutti i loro beni, per venire definitivamente allontanati dal Governo Italiano nel 1886-87.
Nel Monastero, in seguito, verrà alloggiata una macchina per schiacciare i pinoli, allora molto richiesti in Italia, per la confezione dei dolci.
Verso la fine del secolo scorso si ebbe un rifiorire della devozione alla Madonna Greca e l'Arcivescovo Galeati ottenne dal Demanio la basilica di Porto, la quale fu affidata ad un sacerdote e divenne sede parrocchiale al posto della chiesetta di Santa Barbara (l'edificio oggi sconsacrato situato in angolo fra via di Roma e la piazzetta di Sant'Apollinare Nuovo).
Il 24 Luglio 1944 una bomba di grosso calibro traforò l'abside della basilica, rimanendo inesplosa a pochi passi dalla sacra immagine.

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Franco Gabici ricordando questo episodio ha giudicato un miracolo che le bombe penetrate all'interno non siano esplose.
Un pensiero affettuoso è stato da lui dedicato ai due salesiani, che nel periodo bellico hanno custodito e protetto la chiesa, il parroco Don Spartaco Mannucci e il vice Don Antonio Perondi. La comunità locale ha trovato in loro nei difficili momenti del dopoguerra anche un forte sostegno.
Don Antonio Perondi si è attivato nel momento della rimozione di un ordigno, dando le giuste informazioni in un’operazione certamente rischiosa.
Oggi del monastero di Porto si conserva solamente lo spazioso chiostro sede del Museo d’Arte della città e sul retro la Loggetta Lombardesca, che si affaccia sui Giardini Pubblici.

 MAR di Ravenna

              

 Loggetta Lombardesca

   
         
     

 

Non possiamo e non vogliamo dimenticare un particolare che ci riporta al passato: l’antico portale di accesso al Monastero dopo vari spostamenti addossato al muro posteriore della sacrestia, oggi rischia di andare in rovina. 
L’Associazione ex Allievi Liceo Classico Ravenna si sta impegnando per salvarlo; il Garden Club è solidale e si augura che si possa porre rimedio al degrado.

 

Il Monastero di S.Maria in Porto come si presentava prima della demolizione avvenuta nel 1885 per lasciare spazio alla costruzione della Caserma "Garibaldi" nella attuale Via di Roma.
Sull'estremità sinistra dell'immagine è visibile uno scorcio della scalinata e lo spigolo destro della facciata della basilica portuense, sull'altro lato, si riconosce sullo sfondo la sagoma di Porta Nuova e
sul davanti l'antico portale di accesso.

 

 

 

 

 

In un articolo pubblicato dal Resto Del Carlino il 18 febbraio 2008 Franco Gàbici ricorda il disegno di Liverani che per noi costituisce un'importante testimonianza.

 

L’ex convento divenne caserma
La memoria del Monastero di Porto salvata in un disegno di Liverani                             

Nel volume "Ravenna del passato: monumenti e vedute" di Mario Mazzotti e Gaetano Ravaldini (Libreria Tonini,1980) è riprodotto un interessante disegno del faentino Romolo Liverani (1809-1872), considerato il più grande scenografo romagnolo dell’Ottocento, che raffigura una veduta esterna del Convento di Porto. Il disegno riproduce la scena che fu utilizzata nel 1824 per l’Arminio di Francesco Antonio Blasis, rappresentata al Teatro Comunicativo che sorgeva in Via Pellegrino Matteucci. Il disegno è molto interessante perché ‘fotografa’ una zona della città che ha cambiato radicalmente aspetto. Il Monastero di Porto, infatti, fu demolito nel 1885 per consentire la costruzione della caserma ‘Garibaldi’, opera degli architetti Pietro Monti e Probo Prampolini e questa, dopo i bombardamenti della seconda guerra mondiale, fu smantellata completamente fra la fine degli anni Cinquanta e l’inizio degli anni Sessanta per consentire l’attuale riassetto della zona. A causa di questa demolizione scomparve una bella torretta munita di orologio e inoltre cambiarono destinazione il primo chiostro, che nel 1936 fu ricomposto nella ‘Zona del silenzio’ (oggi è il portico della Biblioteca Oriani), e il bel portale di accesso al Monastero. Quest’ultimo,che una volta si affacciava sul sagrato della basilica portuense, in un primo tempo fu ricomposto nella chiesa di San Romualdo (oggi sede del Museo del Risorgimento e all’epoca sede del Museo nazionale) e dal 1913 fu trasferito nel muro orientale della sacrestia di Porto a fianco della Loggetta Lombardesca dove tutt’ora si può vedere, seminascosto dalla vegetazione, quando invece meriterebbe di essere valorizzato, restaurato e soprattutto di essere posto in una zona più visibile.
Quando ancora erano in piedi i ruderi della ‘caserma’, nella zona che corrispondeva all’ingresso c’era un ampio atrio e su una parete campeggiava un grande affresco con raffigurazioni di scene di guerra. Per caso venni a sapere, durante una intervista a Francesco (Chicco) Verlicchi, che quell’affresco era opera del suo pennello e allora non si capisce come mai a nessuno venga in mente di ‘fotografare’ prima di ‘demolire’. Basterebbe un semplice ‘clic’ per salvare pezzi della nostra storia. E invece……Ricordate la piccola edicola di viale Pallavicini nei pressi dell’incrocio con Via Alberoni? Era unica nel suo genere perché costruita tutta in muratura. Un bel giorno è scomparsa e scommetto che nessuno si è preso la briga di fotografarla. Anche l’ingegnere Guido Umberto Majoli (Euclide ad Bergamèn), ravegnano fino al midollo, ce l’aveva parecchio con quelli che distruggevano senza pietà. In particolare ricordava due affreschi all’interno della antica Locanda dei Tre Ferri che un tempo sorgeva dove ora è la sede della Cassa di Risparmio. In fondo al cortile c’erano i ‘servizi’ e sulla porta si leggeva questa scritta in caratteri svolazzanti: ”Tutto il saper del cuoco /  finisce in questo loco”. Sul muro a fianco un anonimo pittore aveva raffigurato un bel giovane " come se uscisse con mezzo il busto dal finestrotto del loco" nell’atto di fare una carezza ad una creatura tutta particolare, metà donna e metà uccello. Se i dipinti non fossero andati distrutti, commenta Majoli, ”qualche grande critico d’arte sarebbe riuscito a scoprirvi le nascoste radici di chissà quale scuola pittorica degli ultimi tempi".
FRANCO GÀBICI

 


Una parte della zona che aveva ospitato la “Grande Esposizione Romagnola” del 1904, l’ippodromo, un campo di calcio, un velodromo, è oggi occupata dai giardini pubblici.

  

 

Locandina fatta stampare per la grande Esposizione Regionale Romagnola con la riproduzione del famoso pittore e cartellonista Dudovich e un suggestivo brano di Corrado Ricci

“Ma la solitudine di Ravenna è piena sempre di mistero e d’aspettazione. Quando nei tramonti la città rosseggia lontana sulla stesa dei campi e delle acque, e dal terreno fumido s’innalzano intorno a lei, vapori simili a fantasmi, e le torri rintoccano e la selva dei pini ed il mare mormorano sommessi, allora l’anima è scossa da un vivo sentimento, da una strana voglia d’antivederne l’avvenire. Si pensa al suo passato, alla fatalità che la volle inclita e famosa in ogni tempo, e s’intende che la sua storia non è ancora finita.”
CORRADO RICCI

 

 

 
 

Esposizione Regionale Romagnola del 1904 : il padiglione dell'Arte e del Lavoro, con l'uscita dei visitatori dopo la cerimonia inaugurale del I Maggio

 

L'ingresso principale della grande Esposizione Regionale Romagnola allestita nella zona antistante la Loggetta Lombardesca, per iniziativa della Camera di Commercio

 

 

 

 

I

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 




Per l'Esposizione Romagnola il Prof. Gaetano Savini insegnante all'Accademia di Belle Arti, compose alcune cartoline illustrate della zona della Loggetta Lombardesca












 

 

 

 

 

 



 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Giardini Pubblici

I Giardini Pubblici di Ravenna (circa 37.500 mq) sono stati realizzati nei primi anni '30 su progetto dall'architetto Arata e costituiscono, il primo parco urbano di Ravenna ed ora il parco urbano del centro storico.
La forma del parco riprende, soprattutto nel parterre centrale, le caratteristiche del giardino all'italiana; nel tempo si è purtroppo persa la struttura dei vialetti in ghiaia, degli squadri a prato e delle siepi, che fino ai primi anni '70 ne costituivano il decoro.

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

Franco Gabici avendo diretto il Planetario fino al 2008, ha lavorato per anni all’interno dei giardini e ne ha quindi seguito il processo evolutivo.
Importante un suo intervento: l’elenco delle piante presenti così numerose da far apparire il luogo quasi un giardino botanico.
Si erano predisposte anche piccole targhe perchè si potessero identificare le essenze, ma questa bella iniziativa così come altre (illuminazione serale del Planetario) è stata purtroppo abbandonata per i furti messi a segno all’interno del giardino.
Oggi sono recintati e vi si svolgono importanti eventi.
Ci auguriamo che vengano tutelati e che rimanga viva l’attenzione per queste zone verdi della città. Come abbiamo sempre affermato, i giardini sono monumenti vivi, cambiano con l’alternarsi delle stagioni e necessitano di costante manutenzione.

L'elenco delle piante voluto da Gabici è stato ripreso da un gruppo di studenti: 50 alunni delle due classi terze della Scuola Primaria Gulminelli  che hanno realizzato nell'anno scolastico 2010-2011 questa "Mappa della vegetazione" in collaborazione con l'Assessorato all'Ambiente del Comune di Ravenna.

 

 

 

 

Alcune foto della conferenza:

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 


 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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