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Gita Colori dell autunno 2016 indietro

Gita dei COLORI DELL'AUTUNNO nell'ALTA VALLE del SAVIO

Testo di Carla Contessi                                                        foto di Maria Gabriella Calderoni

Il 10 novembre 2016 partiamo per la consueta gita autunnale. Raggiunta Sarsina, accompagnati dal fiume Savio dalle acque torbide e vorticose per le abbondanti piogge dei giorni scorsi, incontriamo la nostra bravissima guida Anna Missiroli che ci accompagna in un territorio ai margini tra Romagna, Toscana e Montefeltro dove, fino alla fine della II guerra mondiale, le vie di comunicazione erano praticamente inesistenti. Percorriamo la S.P. 135, iniziata nel 1951 dall'allora sindaco di Sarsina Lorenzo Cappellini. Sulla cima del Fumaiolo (1300 m) si intravede la neve. Ci soffermiamo un attimo sul ponte Saraffa che, all'epoca, era una passerella pericolosissima dove, nel 1902 morì un medico che accorreva al capezzale di una partoriente. Passiamo sotto il viadotto dell'E45 costruito dalla CMC. Ci arrampichiamo su stretti tornanti fino al Piano, un terrazzo alluvionale in cui i Romani nel III secolo A.C. individuarono terreni fertili adatti alla coltivazione. Fino a pochi anni fa erano coperti di vigne dei conti Bernardini che qui si fecero costruire una dimora gentilizia nel 1500. Nel cortile vediamo un bel prato e molte roverelle. La dimora è adibita ad eventi e cerimonie, ha soffitti affrescati e capienti cantine. Oggi questi terreni sono coltivati a foraggio per le numerose (forse troppe) stalle che ci sono in zona. Della S.P. ogni anno si costruiva circa un km, date le impervie condizioni del territorio. Lungo la strada vediamo molti mandorli (in primavera deve essere uno spettacolo!). Nella valle a sinistra si intravede la pieve di San Martino, del X secolo, sottoposta alla giurisdizione del vescovo di Ravenna. Le pievi organizzavano il territorio per conto dei vescovi. Con l'appoggio degli Ottoni, questi terreni passarono al vescovo di Sarsina. Ancora oggi la diocesi di Sarsina ha grandi proprietà. La S.P. 135 è una delle più belle della Romagna: presenta una grande varietà di paesaggi. Purtroppo oggi i colori dell'autunno sono un po' svaniti, non c'è più il rosso degli aceri e le foglie dei faggi sono tutte a terra. La zona nel '700, per l'aumento della popolazione, era stata disboscata e vi si coltivavano segale, farro, frumento, orzo e vite. Negli anni '50 è stata rimboscata con essenze autoctone e pino nero d'Austria. Sulla sinistra si notano rocce a strati di arenaria (sabbia) e marne (argilla) che 7 milioni di anni fa si alternavano nei periodi di piena e di magra. Vi si trovano inclusi anche molti fossili. 3/4 mila metri di strati hanno subito spinte e ribaltamenti da NO a SE. D'estate al tramonto le rocce sono rosate, qui le chiamano "arseghe" i denti della sega.
In questi luoghi, vivevano un migliaio di persone, oggi sono 12. Con la costruzione della strada molti giovani se ne andarono per trovare una vita migliore. Il bosco è misto di roverelle, frassini, carpini, aceri, sorbi, acacie, pini neri, pioppi e cespugli come la sanguinella ed è popolato da cinghiali, caprioli, istrici, tassi e lupi; è un bosco ceduo, viene tagliato ogni 5 anni e ogni 10 piante si lascia la più grande. Vediamo la cima aguzza del Fumaiolo, che è un blocco di calcare. Seguiamo la valle del torrente Para, affluente del Savio, che forma il lago di Quarto. In questo punto, nelle giornate limpide, si vede il mare fra Rimini e Cesenatico. Arriviamo a Tavolicci. Gli abitanti hanno preparato per noi un mercatino di prodotti locali: patate, castagne, marmellate, cereali biologici, prodotti dell'artigianato. A Tavolicci, il 22 luglio del '44 militi di Sant'Agata Feltria e tedeschi (una quarantina di uomini bendati evidentemente per non essere riconosciuti) uccisero tutti gli abitanti (64 persone) radunandoli in una casa che ora è diventata un museo. Solo due fratellini di 12 e 6 anni riuscirono a scappare, ma non erano in grado di raccontare l'accaduto. Il parroco fece una relazione che ora è esposta all'esterno della casa, alle autorità. Furono fatti due processi, ma non si giunse ad alcuna conclusione (omertà, paura); forse fu una vendetta personale: gli abitanti erano poveri, ma proprietari dei loro terreni e questo forse aveva suscitato delle invidie. Il comune di Verghereto fu insignito della medaglia d'oro al valore civile e ogni anno qui si commemora l'eccidio.
Dopo aver attraversato boschi cedui, dove svolgono il loro lavoro esperti boscaioli, ci avviamo, a piedi, per un impervio sentiero in salita verso l'Eremo di Sant'Alberico, un giovane della nobiltà toscana, che qui si ritirò in solitudine. Ci sono 14 stanze adibite a foresteria e una cappella sempre aperta. Il posto è molto solitario e nei boschi all'intorno nidificano le aquile. Dopo un ottimo pranzo alla Locanda di Federico (da Montefeltro) a base di genuini prodotti locali, passeggiamo lungo l'unica strada di Senatello, tipico insediamento di crinale: lungo e stretto. In documenti del 1218 è definito castrum. Fu dei "Della Faggiola", costruttori di armi e mercenari originari di Casteldelci; poi fu dei Malatesta e dei Montefeltro. La chiesetta (ricostruita dopo una frana negli anni '50) ha una volta di spungone rosato (una roccia calcarea dura ma leggera). La chiesa è dedicata a San Daniele, rappresentato nella pala d'altare, e sulla sinistra c'è un dipinto che ritrae Santa Filomena (i cui resti vennero ritrovate a Roma nel '800) che è molto venerata in questi luoghi. Ella è ritratta con i segni del suo martirio: la tunica bianca simbolo di verginità, la palma, gli angeli, l'ancora, le frecce, la spada. L'imperatore Diocleziano, nel III secolo d.C. si era invaghito di lei che, non volendo cedergli, subì il martirio. La signora Ida, che ci ha aperto la chiesa, abita in una casa dove è incastonato uno stemma dei Montefeltro del 1474, molto usurato dal tempo, dove si vedono due chiavi e due aquile imperiali, perché il feudo fu loro concesso da Federico II di Svevia. La casa, in tempi passati, funzionò da municipio e, durante il fascismo, da scuola rurale.
Riprendiamo la strada e vediamo i resti di un acquedotto. Nel 1909 Ravenna e Cesena che avevano necessità di acqua, progettarono di captare le acque di nove sorgenti di questi luoghi. Fu scavata a piccone una galleria di 30 metri, poi i lavori furono interrotti a causa della prima guerra mondiale; ripresi nel '23 furono abbandonati definitivamente per gli alti costi e le grandi difficoltà.
Breve sosta alla sorgente "La Mula" dove sgorga un'acqua freschissima e limpidissima.
L'ultima tappa è presso la ditta Eurocave che dall'82 lavora la pietra serena estratta dalla loro cava: 800/1000 metri cubi di materiale all'anno. Si estrae una roccia "alberese" più dura, che serve per pavimentazioni stradali. Il cortile è pieno di blocchi di pietra di 140/150 quintali. Mentre gli operai continuano il loro lavoro, il signor De Luca ci mostra le varie fasi della lavorazione. Il primo taglio viene eseguito di notte (per via dei costi) da una lama che taglia 20 cm all'ora, ogni 15 giorni la lama va sostituita, poi via via le lastre vanno assottigliate, fiammeggiate per renderle antiscivolo, e lavorate. Si fanno: banchine per finestre, soglie di porte, scalini, caminetti, pavimentazioni. Il loro mercato principale è la Toscana, ma mandano materiale lavorato in tutta Italia. Delle 12 cave e officine presenti nella zona Anna ci assicura che questa è la più bella. Ci rendiamo conto anche noi dalla pulizia e dall'ordine, della competenza e dell'amore che i titolari dedicano alla loro azienda.
 

 

 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 mercatino allestito dagli abitanti per il Garden Club
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 Senatello...
 
 Chiesa di S.Daniele
 
 
 
 
 
 La nostra guida Anna Missiroli
 
 
 
 
 
 riempiamo le bottiglie con acqua di sorgente
 
 Visita all'azienda EUROCAVE loc.Villa di Corneto
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 
 
 
 
 
 A Tavolicci...
 
 
 
 
 
 La casa della memoria...
 
 
 
 
 
 Eremo di S. Alberico
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 Santa Filumena
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Durante il rientro, nel buio si accendono le luci delle case, conferendo al paesaggio un aspetto da presepe a conclusione di questa bella giornata.

 

Di seguito, foto della gita che ci ha gentilmente inviato la nostra socia ADA BABBI:

 
 
 
 
 
 

 

 
 
 

 

 
 
 
 
 
 
 
 

 

 

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