Le piante: leggende e poesie indietro
Carla Contessi socia e grande supporter del Garden Club, ci ha guidato nel fantastico mondo della mitologia, a quelle antiche storie in cui uomini e divinità si identificano in piante e fiori.
Il suo grande amore per gli ambienti naturali l'ha portata ad approfondire queste affascinanti tematiche antropologiche, partendo dalle fonti storiche più antiche e quindi meno lontane dalle origini.
Era l'età degli dei e degli eroi caratterizzata da personaggi in azione con una trama che si evolve in simbiosi con la natura.
Troviamo questa identità nel sacro e nel profano, espressa in modi diversi a seconda della religione e della cultura.
Carla ha evidenziato tutto ciò con bellissimi fiori, che rappresentano anche le immagini sacre delle nostre basiliche o richiamano alle tradizioni.
Ricordiamo che Carla è un'esperta di cultura locale e conosce perfettamente la lingua dialettale della Romagna. Assieme a Fiorella Bulgarelli altra supporter dell'associazione, ha rallegrato le nostre varie occasioni d'incontro, recitando brani e poesie.
Alternandosi con Fiorella, ha presentato ad un pubblico attento e fortemente coinvolto, anche varie composizioni poetiche ispirate all'autore da soggetti botanici.
Un pomeriggio gradevolissimo per tutti coloro che hanno una forte sensibilità per il nesso poesia e natura.
In tutte le mitologie è presente il connubio tra la vegetazione e i personaggi mitici.
In Grecia, ad esempio, la quercia era cara Zeus, l’alloro ad Apollo, il cipresso a Plutone, l’ulivo ad Atena.
Gli antichi Egizi credevano che dall’alto del sicomoro la dea Nut versasse l’acqua dell’immortalità all’anima del defunto.
Gli Scandinavi pensavano che la creazione dell’universo fosse rappresentata da un immenso frassino i cui rami coprivano tutto lo spazio celeste, mentre le sue tre principali radici rappresentavano il passato, il presente e l’avvenire, vale a dire tutta l’eternità.
ALLORO
l primo amore di Apollo fu per la ninfa Dafne, figlia di Peneo, divinità delle acque fluviali. Un giorno, il dio solare divampando di passione si gettava all’inseguimento della vergine consacrata a Diana che fuggiva atterrita per i boschi e già era sul punto di afferrarla, quando Dafne implorò il padre Peneo:”Padre aiutami! Se i fiumi hanno potere divino, levami questa figura e tramutala in un’ altra”. splendente si mutò in scorza sottile, le chiome in fronde, le braccia in rami, i piedi in radici e il viso nella cima di un lauro. “Se non puoi essermi sposa” sospirava Apollo “ sarai almeno la mia pianta. Di te si orneranno per sempre i miei capelli, il turcasso e la cetra. L’alloro è anche l’emblema della poesia e delle arti. |
FIOR DI ADONE
Nella mitologia Greca, Adone è un giovane e bellissimo pastorello amato da Afrodite. degli Inferi ). Nella disputa intervenne Zeus il quale decise che le due dee ne condividessero l’amore. Adone sarebbe rimasto la primavera e l’estate con Afrodite sulla terra, il resto dell’anno con Persefone negli inferi. .Durante una caccia, Adone venne ucciso da un cinghiale. Il fior di Adone che ogni anno fiorisce brevemente fra le messi si dice sia nato dal sangue di Adone morente. |
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ANEMONE
La divinità Zefiro era sposato con la ninfa Anemone che abitava alla corte di Cloride della quale Zefiro era amante. La gelosa Cloride cacciò dalla sua corte Anemone; allora Zefiro la trasformò in un fiore che non schiude mai la corolla, se non è baciata dal caldo vento di Zefiro, da cui il nome “fior del vento”. ricordando il colore rosso del sangue sgorgato dalle ferite di Gesù, da cui anche il nome “Gocce del sangue di Cristo”. |
GIGLIO
I Greci lo consideravano il fiore generato dall’Grande Madre : narravano che un giorno Eracle succhiò il latte di Era per diventare immortale; ma il latte era cosi abbondante che cadde in parte Il giglio è uno dei fiori della Sacra Scrittura. Dice Cristo nel sermone della montagna:”Osservate bene come crescono i gigli del campo: non lavorano e non filano . Eppure io vi dico che neanche Salomone con tutta la sua gloria vestiva come uno di loro”. “Io sono il giglio delle valli” dice nel Cantico dei Cantici la Sposa allo Sposo, il quale risponde: “ come un giglio fra i cardi, cos’ la mia amata fra le fanciulle”. Nelle Annunciazione l’angelo Gabriele offre un giglio alla Madonna. Quel giglio significa elezione, purezza fecondità e regalità. Dal medioevo in poi, il giglio a evocato l’emblema della verginità e della purezza. Lo tengono in mano molti santi, da Antonio da Padova a Luigi Gonzaga, da Chiara d’Assisi a Caterina da Siena. Era simbolo anche di regalità. Lo ritroviamo nei gigli araldici dei re di Francia, dai Capetingi in poi e a Firenze.
GIAGGIOLO o IRIS
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MELAGRANA
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Dal Cantico dei Cantici: “Attraverso il tuo velo la tua gota è come uno spicchio di melagrana” Gabriele D’Annunzio: “Il frutto del melograno, gonfio di maturità, si fendeva subitamente come una bella bocca sforzata dall’impeto di un riso cordiale”. I vietnamiti cantano: “La melagrana si apre e lascia venire cento figli”. Carducci: “… il verde melograno dai bei vermigli fior…”. I romani ornavano il capo delle spose con rametti di melograno per augurare loro gli attesi frutti. |
GRANO
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Gli egizi raccontavano che Osiride, attratto in trappola dal fratello Set, personificazione del caos e degli inferi, venne ucciso e smembrato, ma grazie all’intervento della sorella-moglie Iside, potè resuscitare. La festa della morte e resurrezione di Osiride si svolgeva nel periodo della semina. Osiride sarebbe resuscitato insieme al nuovo raccolto. Dal Vangelo: “se il chicco non muore rimane solo, se invece muore produce molto frutto”. Talvolta, in tempi antichissimi, la mietitura si trasformava in un rito orrendo. I contadini identificavano lo spirito del Grano in un forestiero che attraversava i campi durante la mietitura, oppure nel mietitore che tagliava l’ultimo covone, o in una vittima scelta secondo un rituale. Costui veniva ucciso e bruciato e le sue ceneri sparse nei campi per fertilizzarli. Si supponeva che lo spirito del Grano si nascondesse fra le spighe indietreggiando man mano che la mietitura procedeva, fino alle ultime spighe o all’ultimo covone. A quel punto – dicevano – lo spirito del Grano, espulso dall’ultimo rifugio, assumeva una forma diversa da quella degli steli che erano stati il suo corpo: e quale poteva essere se non l’aspetto di chi si trovava vicino alle ultime spighe? Talvolta si sacrificavano animali, visti come incarnazioni dello spirito del Grano: lupi, cani, galli, lepri, capre, tori, buoi, vacche, cinghiali o scrofe. Dalla Bibbia: Giuseppe, figlio di Giacobbe, fu venduto agli egizi dai fratelli invidiosi. L’invidia l’aveva suscitata un sogno di Giuseppe. “Ascoltate il sogno che ho fatto” egli disse un giorno ai fratelli. “Noi stavamo legando covoni, quand’ecco il mio covone si alzò e restò diritto, e i vostri covoni vennero intorno e si prostrarono davanti al mio”. Dopo molte vicissitudini Giuseppe, in fama di indovino, fu condotto dal faraone che gli raccontò uno strano sogno: “nel mio sogno mi trovavo sulla riva del Nilo. Quand’ecco salirono dal Nilo sette vacche grasse. Ed ecco sette altre vacche magre salirono dal Nilo e le divorarono… Poi vidi nel sogno sette spighe di grano spuntavano da uno stelo, piene e belle. Ma ecco sette spighe secche e vuote, che inghiottirono le sette spighe belle. Ho raccontato il sogno agli indovini, ma nessuno me lo sa spiegare”. Giuseppe svelò al faraone che le sette vacche grasse e le sette spighe belle alludevano a sette anni di abbondanza, mentre le sette vacche magre e le sette spighe vuote annunciavano sette anni di carestia. Il faraone, convinto dall’interpretazione del giovane ebreo, lo pose a capo del paese perché salvasse gli egizi dalla carestia. I pittori del barocco raffiguravano l’abbondanza come una fiorente donna con una cornucopia appoggiata al fianco destro, mentre con la sinistra stringe un fascio di spighe. |
IL FICO
In India è l’albero cosmico che unisce il cielo alla terra e il suo latice rappresenta la forza del flusso vitale universale, l’energia spirituale che informa l’universo. E’ anche l’albero del Risveglio sotto il quale Siddharta diventa il Budda. Dalla genesi……… prese del suo frutto e ne mangiò, poi ne diede anche al marito………….ed anch’egli ne mangiò. Allora si aprirono gli occhi di tutti e due, e si accorsero di essere nudi: intrecciarono foglie di fico e se ne fecero cinture. |
NARCISO
Narciso era un giovane bellissimo. Le giovinette ne erano tutte innamorate, compresa Eco ninfa dei boschi. Narciso rifiutava ogni approccio, perchè si era invaghito della sua immagine riflessa nell’acqua di uno stagno. Un giorno si tuffò per abbracciarla e affogò. La bella Eco, per il dolore, si consumò a tal punto che di lei rimase solo il suono della sua voce. |
ULIVO
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I Greci narravano che un giorno Atena si scontrò con Poseidone per il possesso dell’Attica. Per dirimere la contesa gli dei si rivolsero a Cecrope, re di quelle terre, che promise la palma della vittoria a chi avesse creato qualcosa di straordinario. Poseidone colpì con il tridente la roccia, su cui doveva sorgere più tardi l’acropoli, facendo scaturire una sorgente, poi creò il primo cavallo che veniva usato per fare la guerra. Ma fu Atena a conquistare la vittoria piantando il primo ulivo, strumento di pace, utile come cibo e per illuminare. Dalla Genesi ……….quando le acque del diluvio universale cominciarono a calare, Noè fece uscire un corvo, perché gli riferisse sul lento emergere delle colline e delle pianure. Dopo il corvo, lanciò una colomba che tornò a lui perchè non aveva trovato un lembo di terra su cui posarsi. Trascorsa una settimana, rispedì la colomba che rientro con ramoscello di ulivo nel becco. Secondo una leggenda medioevale sulla tomba di Adamo nacque un ulivo dal quale venne staccato il ramoscello che la colomba avrebbe portato a Noè e dallo stesso ulivo fu preso il legno che sarebbe servito per la Croce di Cristo. Ecco perché la Domenica delle Palme si usa portare nelle case un ramo di ulivo benedetto. I pittori senesi, come Simone Martini e Taddeo Di Bartolo, nella loro Annunciazione raffigurarono l’angelo con un ramo di ulivo invece del giglio consueto. Un'altra leggenda narra che una volta l’ulivo era un albero diritto, ma quando stava per essere scelto per fare la Croce, si contorse tutto per non essere utilizzato a tale scopo. |
ROSMARINO
I greci lo usavano come incenso bruciandolo in onore degli dei per propiziare l’immortalità futura. Per questo motivo è stato considerato nell’antichità pianta benefica e ben augurante. Gli andalusi raccontano che, il giorno di Natale, la Madonna stese i primi panni del Figlio su un cespuglio di rosmarino. La pianta si impregnò talmente degli umori di Cristo che il giorno della Passione fiorì annunciando la prossima Resurrezione. La notte di Natale, gli andalusi decorano la casa con rametti di rosmarino e le zingare di Siviglia te lo offrono. Anche la sua etimologia evoca la sua dolcezza: alcuni sostengono che il nome derivi da ros maris (rugiada del mare), altri da rosa maris (rosa del mare), altri ancora da ros come balsamo (balsamo del mare). |
FINOCCHIO
Gli iniziati del dio frigio Sabazios, analogo a Dioniso, si ornavano il capo di foglie di finocchio a significare la futura vittoria sulla morte. Per gli uomini è utile come stimolante, digestivo, diuretico, tonico e vermifugo. |
SALVIA
Una leggenda medioevale racconta che fu benedetta dalla Madonna, perché nascosa fra i suoi cespugli la Sacra Famiglia che fuggiva verso l’Egitto. Le disse Maria: “tutta la gente umile e buona come te ti benedirà: sarai indispensabile per profumare i suoi semplici cibi: fiorirai, sarai ricercata e apprezzata per le tue virtù sanatrici”. Salvia Sanatrix era chiamata anche dai romani che la consideravano una panacea. Erano soliti dire: “perché muore l’uomo al quale cresce la salvia nell’orto?”. |
ROSA
In un passo della divina commedia, dove appare la candida rosa dell’Empireo, Dante descrive la forma che assumono i beati: “in forma dunque di candida rosa mi si mostrava la milizia santa che nel suo sangue Cristo fece sposa.” Un mistico persiano, Iraqî, contemporaneo di Dante, giunse a un’immagine analoga: “nel giardino di rose tu contemplasti il tuo proprio volto con l’occhio dell’usignolo: allora risuonò il giardino del canto dell’usignolo”. Un altro mistico, Sa’dî, così descriveva il viaggio nel mondo trascendente, da cui non era riuscito a riportare alcun regalo in terra: “… avevo in animo che quando fossi giunto all’Albero della Rosa, me ne sarei riempito il grembo come regalo per gli amici. Ma quando vi giunsi, il profumo della Rosa mi inebriò tanto che mi sfuggì di mano il lembo, già pieno, della veste”. Poliziano: i’mi trovai, fanciulle, un bel mattino. Da Torquato Tasso: |
PALMA
I greci la chiamavano phenix come l’uccello paradisiaco che rinasceva miracolosamente dalle sue ceneri.
La Vittoria dei romani si chiamava Dea Palmaris.
Ovidio racconta che Rea Silvia vide in sogno, prima di partorire i gemelli Romolo e Remo, due palme: “due palme insieme s’ergevano dal portentoso aspetto, e l’una era più elevata dell’altra”.
In Grecia era associata alla nascita di Apollo. Cantava Omero:
“quando Ilitia, che procura il travaglio del parto,
giunse nell’isola di Delo,
subito le doglie invasero Leto
che sentì l’impulso del parto.
Cinse la palma con le braccia
E le ginocchia puntò sul soffice prato;
sotto di lei sorrise la terra,
il dio balzò alla luce”.
La palma è anche emblema di fecondità. Offre, secondo la specie: datteri, avorio vegetale, rafia, vino, olio, cera, noci di cocco e cavolo di palma.
In un rilevo egizio, fuoriescono dal fusto e dalla chioma due braccia, l’una reggendo un’anfora da cui cola una bevanda, l’altra un canestro di cibi.
Dal Cantico dei Cantici, quando lo sposo loda la bellezza della sposa:
“la tua statura somiglia a una palma
E i tuoi seni ai datteri”.
Anche nella poesia indiana le braccia e le gambe delle donne belle sono paragonate agli steli lunghi e rotondi della palma.
Ulisse nell’Odissea, meravigliato dall’apparizione di Nausicaa, esclama:
“… mai vidi coi miei occhi un tal mortale,
ne uomo ne donna: stupore mi invade mirandoti.
Vidi una volta a Delo, accanto all’altare d’Apollo
Levarsi così un giovane germoglio di palma.”
Quale altro albero meglio della palma, alta e snella come un minareto o solida e mollemente chiomata oppure minuta come un arboscello, potrebbe essere l’emblema della Bellezza che assume mille volti? Sono 2490 le sue specie, ognuna ha la sua chioma, le sue foglie: foglie a ventaglio, foglie a spiga, foglie aperte a corona, foglie a spirale. Tante palme quante sono le incarnazioni della bellezza femminile.
Dal Vangelo apocrifo di Matteo: Maria, Giuseppe e Gesù, durante la fuga in Egitto. La Madonna dice: “mangerei volentieri frutti di queste piante”, ma non c’era scala. Allora Gesù ordinò alla palma di inclinarsi e la pianta si curvò docilmente verso Maria, permettendole di cogliere i frutti che voleva.
Un’altra leggenda racconta che un giorno l’arcangelo Michele apparve a Maria recandole dal Paradiso un ramo di palma come segno della sua imminente assunzione in cielo e lei lo diede all’evangelista Giovanni, che lo avrebbe posato sulla sua bara in giorno della sua sepoltura.
Dal Vangelo di Giovanni: “… la gran folla… udito che Gesù arrivava a Gerusalemme, prese rami di palma e uscì incontrò a lui gridando “Osanna!...”
VIOLA
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Una leggenda greca narrava che il brutto Efesto si fosse incapricciato della celeste Afrodite. Per sedurla, si incoronò di viole mammole che magicamente convinsero la dea a sprofondare con lui nelle viscere della terra. mammola che è composto in equal proporzione dal rosso e dal blu: punto d’equilibrio tra il rosso della passione e il blu dell’intelligenza, emblema dunque della poesia. I pittori medievali raffiguravano con la veste viola il Cristo durante la passione. Per questo motivo, nella liturgia cattolica, si drappeggiano di viola gli altari durante l’Avvento e la Quaresima. Per estensione, il viola diventato simbolo di penitenza. |
A VIÖL Uss sent int 1' eria un chè che prema un gni era, La nota 1' è turnêda cun i armúr I zuvan cma s' iss foss dê tott la vosa I zerca a testa bassa pr' ignía strê 1 Alla raccolta delle viole -- 2 non c'era — 3 lo dice — 4 pesco — 5 nel-l'anguillarc — 6 le lucertole — 7 si posson metter le sedie in mezzo all'aia — 8 l'aria sembra un soffio d'arcolaio (dipanatoio) — 9 come se si fossero dati l'intesa - 10 esaminano ogni cespuglio d'erba, ogni folto — 11 una gocciola — 12 siepe.
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LA VIÒLA
di Edda Forlivesi
Stra al fói
inscartuzêdi da la bréna
a j ó truvê una viöla
cun l'udór.
Sóra e' gambón,
la grèstla arinfignêda:
che flininén d'culor,
1'a fat la traza
a un dè
cl'a al gâmb arnêdi.
LA VIOLA
tra le foglie/ accartocciate per la brina/
ho trovato una viola/ che profumava./
Sopra al gambo/
la cresta stropicciata:/ quel poco di colore/
ha fatto da guida/ ad un giorno/
che aveva le gambe impastate.
GIRASOLE
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I greci non lo conoscevano, perché è stato importato dall’America nel Rinascimento, ma conoscevano una pianta analoga, l’eliotropo in cui fu cambiata Clizia che, abbandonata dal Sole-Apollo,
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E' MIRASÓL E' svéta e' mirasól, IL GIRASOLE |
LA VITE
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LA VITE DI DIONISO Una leggenda greca moderna ammonisce sui pericoli che corrono i bevitori. Tanti anni fa Dioniso, disceso dall'Olimpo per far visita a un amico pastore, percorreva le strade del mondo. Un giorno si sedette sulla riva di un ruscello e vide una pianticella graziosa. Quale miglior dono per l'amico? La divelse ripromettendosi di trapiantarla nella terra del pastore. Per evitare che il sole bruciasse le radici, le munì di un riparo: erano così minuscole che un ossicino di uccello gli sembrò uno scudo sicuro. Ma la pianta cresceva a vista d'occhio. Allora Dioniso cercò uno schermo più efficacie trovandolo infine in un osso di leone. Le radici tuttavia continuavano a crescere così che il dio fu costretto a ricorrere a una mascella d'asino. Giunto dall'amico, Dioniso trapiantò la pianticella insieme con gli ossi rimasti attaccati alle radici. Al principio di settembre la pianta offrì neri grappoli d'uva che Dioniso spremette trasformandoli in vino che avrebbe donato algi uomini. Essi cominciarono a berlo sentendosi così allegri che cantavano come uccellini. Poi continuarono a bere, diventando forti e ruggenti come leoni. Bevvero purtroppo ancora e il loro cervello si impigrì come quello dell'asino. LA VITE DEL CRISTO Dall'Antico Testamento Noè, appena uscito dall'arca, piantò una vigna che gli avrebbe offerto un buon vino. Un giorno si inebriò e giacque scoperto all'interno della tenda. Il figlio Cam, che lo aveva sopreso in quelle condizioni corse scadalizzato dai fratelli. Sem e Jafet presero allora un martello e camminando con il viso rivolto all'indietro per non vedere il padre, lo coprirono amorevolmente. Quando Noè si risvegliò e seppe del comportamento di Cam lo maledisse "Benedetto il Signore Dio di Sem e di Jafer, Canaan sarà loro schiavo". |
FIORDALISO
Il fiordaliso era conosciuto nel mondo classico con il nome di "cyanus" alludendo al colore azzurro. Cyanus era un devoto della dea Flora; un mattino fu trovato morto in un campo di grano e aveva accanto a se una ghirlanda di fiordalisi, i suoi fiori preferiti. Sapendo il fatto, la dea Flora dette l'ordine che quei fiori portassero per riconoscenza il nome di Cyanus. In Russia è il fiore di Basilio, un bel giovane che fu sedotto in un campo di grano da una bella ninfa e poi da essa trasformato in fiordaliso. |
SIRINGA
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Il dio Pan viene rappresentato con barba, corna, orecchie e piedi caprini. Prediligeva i boschi, provocando terrore nelle ninfe (da cui il termine "panico"). abbracciarla, ma Siringa invocò l'aiuto di Zeus che la trasformò in un arbusto che ogni anno, a primavera, produce fiori splendidi e profumatissimi. Il dio Pan, in ricordo della sua amata Siringa, colse dei rami dell'arbusto, li unì formando uno strumento da pastore chiamato siringa che egli suonava pensando a lei. |
QUERCIA
Perché la quercia conserva gran parte delle foglie secche fino alla fine dell'inverno? Una favola lo spiega così. Un giorno il diavolo chiese al Signore di avere una signoria, anche minima, su una parte della creazione "che cosa vorresti avere?" domandò il Signore. "Dammi per esempio il potere sul bosco" propose il diavolo. "E sia" decretò il Signore "ma solo quando i boschi saranno senza foglie, cioè durante l'inverno: in primavera il potere tornerà a me". Quando gli alberi vennero a sapere del fatto cominciarono a preoccuparsi. "Che cosa possiamo fare?" dicevano disperati "andiamo dalla quercia che è la più robusta e saggia. Forse lei troverà un rimedio". La quercia, dopo aver riflettuto rispose: "tenterò di trattenere le mie foglie secche sui rami, finchè sui vostri non spunteranno le foglie nuove. Così il bosco non sarà mai completamente spoglio e il demonio non potrà avere il dominio su di noi". Da allora le foglie secche della quercia rimangono attaccate ai rami fino a tardo inverno. |
ELLEBORO O ROSA DI NATALE
Dice la leggenda che una pastorella che pascolava il gregge vicino a Betlemme, vide alcuni pastori che camminavano verso la città. Incuriosita domando la loro destinazione. I pastori risposero che quella notte era nato Gesù e che stavano andando a portare dei doni. La bambina avrebbe voluto andare con i pastori, ma non aveva niente da portare in dono. I pastori andarono via e lei rimase sola e triste, così triste che piangeva. Le lacrime cadevano nella neve e la bimba non si accorse che un angelo aveva assistito alla sua disperazione. Quando abbassò gli occhi vide che le sue lacrime erano diventate delle bellissime rose di un colore rosa pallido. Felice si alzò, le raccolse e partì verso Betlemme. Regalò il mazzo di rose a Maria e da allora, ogni anno, nel mese di dicembre, fiorisce questo tipo di fiore per ricordare al mondo intero il gesto della pastorella. |
A LA CAMUMELLA
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A LA CAMUMELLA Dú burdell tre bastêrdi e una ragazza, Ins 1' éiba, che la tëra la iè giazza, Me a cuiéva e ai aveva dninz a me E ai andema pr' al presi e pr' i cantír. |
E' CASTAGN SAMBEDGH
E' CASTAGN SAMBÊDGH L' à mess un pton in chêv a tott al vett E da la bocca u i scapa un capucett E int e' mëz de' scartozz bianch, znina znina Che abril tra foia e foia u la spampana
IL CASTAGNO SELVATICO (i fiori)
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L'AMANDUL FIURI'
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L' AMANDUL FIURÌ di Aldo Spallicci Quant che una nota te t' durmívtia in pes E' prem sprai dl' éiba u n' n' era incora azes, U s' è intrighê in dal ram e u n' è vnù vì E adëss, pavaiòtt bianchi senza agli él IL MANDORLO FIORITO
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E FIOR DE' RADECC
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E' FIOR DE' RADECC E' fior ch' u m' píis a me l' è un fior purett E' righêla una foia amêra e fresca E' dà fura da e' casp che va só in smenta U s' arvess a la sera e a la matena Quest l'è e'fior de' radecc che a gamba dretta IL FIORE DEI. RADICCHIO |
LA PEOGNA
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LA PEÒGNA Peògna? mo ël un nom da mctr' a un fior? Peògna, 1' è un pö e' vers che fa e' pavon, * * * Dop e' guazz ad cla nota e' mi burlet e a cojr' una peògna che pian pian
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FIOR ‘DZINESTRA
FIOR 'D ZINËSTRA A la vetta de' mont Cun i fiur d' un amàndul Tott i munt i v' aspëta Cun i fiur sora e' grepp |
PROGN FIURI’
PROGN FIURÌ Progn progn, o mi bel progn La rama ariêla adëss garnida ad fiur PRUNO FIORITO (susino selvatico)
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CALICANTUS
CALICANTUS Sora a i mi murt a Santa Mari Nôva Me, i garófan, al rôs, e i crisantémi D' int e' pió fult de' mlôri e' vola un stlìn La vosta vos, o bab, fradell e mama, CALICANTUS |
IL CALYCANTHUS Miracolo vivo, |
ORTENSIA AZZURRA
ORTENSIA AZZURRA L'opaco scabro verde che rimane è lo sbiadito di lisi grembiulini, Ma ecco, all'improvviso il blu riesplode |
IL PIOPPO
IL PIOPPO Quando appuntava al cielo |
AL PIOP AD GAMBARÉN Al piop, ch'è a la spurtëla Invstidi da la fësta, In vësta tinarëla, Se pu la galaverna A e' chêld dl' istê, a'l s' diverta Dal völt, a là dri sera, Mo, epù? coma a putrepli No, no! u n' s'va a la vintura
«Gamberén», cioè Gamberini, è il soprannome della famiglia Miserocchi, che abita in Via Petrosa, S. Pietro in Campiano (RA). |
I SPION SUMER
I SPIÔN SUMËR I spiôn sumër i s' seca Indó ch'u j'era i fiur mo, déntr a chi scartózz E quând che, un dè, la neva Par quest, lassì che i cressa |
LA MARGARIDINA
LA MARGARIDÌNA L' ëria l'è tévda e la név l'è sparìda! |
L'UDOR DAL PIANT
L'UDOR DAL PIANT Arvend la mi finestra stamatena An l'aveva sintì che a mèla pèna E piov. E us lêva al foi, e acsé us arvess E a me ch'am dmand parché che sgossa veia
Non l'avevo sentito Piove. Si lavano le foglie, e così si sprigiona
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FIUR FIUR
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FIUR, FIUR ! Fiur fres-c 'd zarden e 'd chemp, fiur ad muntâgna, oh mela e mela fiur da i mel culur E' garòfan l'è pin 'd fug e 'd calor, E pinsé' al viöl! ch'I'ha cölt, pr'al riv d'un fòss, Fiur dla mi tëra, fiur fët ad spirânza, |
I FIORI DELLE DUNE
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VEDERE IL BELLO, ANCHE PICCOLO C'è un fiore che ha |
SII TE STESSO Un fiore vero |
di Carla Baroncelli |
PER FINIRE ALCUNE MASSIME DI TONINO GUERRA
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