Mostra a Palazzo Fava BO indietro
Mercoledì 5 Marzo rassicurati dal tempo relativamente mite, ci siamo trovati di prima mattina nell’atrio della stazione di Ravenna per recarci a Bologna.
Il programma prevedeva la visita ad alcuni “giardini segreti”, insospettabili angoli tranquilli all’interno di palazzi del centro storico.
Arrivati, abbiamo rapidamente raggiunto la nostra guida Monica Fiumi, presso la fontana del Nettuno.
Dopo una rapida panoramica della Basilica di San Petronio e degli importanti edifici che circondano piazza Maggiore, abbiamo osservato all’interno del palazzo comunale una piccola zona verde delimitata da alte mura.
Sapevamo già conoscendo la città, che a parte la Montagnola, non sono molti gli spazi verdi visibili nel centro. Passeggiando sotto i portici, si vedono chiese, portali monumentali, negozi, ristoranti ma non alberi e giardini.
Monica ci ha illustrato l’evoluzione della città dentro la cinta muraria; essa fa comprendere perché all’interno dei palazzi troviamo piccoli e grandi quadratini verdi.
Percorse alcune vie del centro, abbiamo raggiunto Palazzo Malvasia in Strada Maggiore. In origine il palazzo era di proprietà dei Fantuzzi, passò poi ai Malvasia nel 1535. Essi rimaneggiarono la facciata nei modi del Formigine, rispettando il portico quattrocentesco con le colonne scanalate ed i ricchi capitelli corinzi.
Superato l’ampio atrio, abbiamo ammirato l’elegante scala tortile realizzata da Giancarlo Sicinio Bibiena nel 1735 e ornata di statue in stucco di Sisifo e Minerva, eseguite da Filippo Scandellari. I giardini e cortili interni costruiti secondo giochi architettonici e prospettici, che la guida ha definito “l'architettura dell’inganno”, volevano evidenziare e rafforzare visivamente il potere delle famiglie committenti.
La guida ha ricordato il “mascherone del vino” situato nel voltone all’imbocco di via del Carro da dove veniva versato vino al popolo in occasioni speciali come una nomina a gonfaloniere.
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Abbiamo visitato poi poco lontano Palazzo Sanguinetti già Aldini, sede del “Museo Internazionale e Biblioteca della Musica di Bologna”. Varcata la soglia dell’ingresso, un lungo portico ci ha introdotto in un piccolo giardino quadrato, ornato con piante a foglia molto larga che fanno da perfetta ambientazione ad un affresco con magnifica prospettiva (trompe d’oeil).
A seguito della caduta di Napoleone e della rovina economica di Aldini, l’edificio fu venduto ad un nobile cubano e dopo numerosi passaggi fu acquistato nel 1870 dalla famiglia Sanguinetti.
L’ultima erede Eleonora Sanguinetti, nel 1986 ha donato al Comune di Bologna la maggior parte dell’edificio in ricordo “del mio indimenticabile papà Dott. Guido Sanguinetti …….. per l’amore che ebbe sempre per la sua città e la sua casa ……. perché fosse destinata a museo musicale e biblioteca”.
Abbiamo ammirato poi i giardini interni di Palazzo Davia Bargellini, situato fra via Begatta e la seliciata di Strada Maggiore di fronte al complesso di Santa Maria dei Servi; fu costruito nel 1600 per offrire una residenza più prestigiosa alla famiglia su progetto di Bartolomeo Provaglia.
Il palazzo è dotato degli elementi caratteristici delle costruzioni senatorie bolognesi.
I due possenti telamoni di Gabriele Brunelli e Francesco Agnesini, che sostengono a guisa di cariatidi il balcone ai lati dell’ingresso, gli hanno valso l’appellativo di “Palazzo dei giganti”.
Nel 1924 fu istituito al suo interno il “Museo d’arte industriale” e la “Galleria Davia Bargellini”.
Ci ha colpito in modo particolare in via Brocchindosso nel quartiere di Santa Maria dei Servi, la casa abitata dalla famiglia Carducci.
Una lapide sul muro esterno riporta questa scritta : Giosuè Carducci abitò in questa casa dal 1861 al 1876, di qui lanciò all’Italia i Giambi ed Epodi. Qui per la morte del piccolo Dante amore e dolore gli dettarono “Pianto Antico”. Il Comune di Bologna pose. 1935 XIII.
La semplice dimora ha al suo interno un ampio giardino, un orto ai tempi del poeta, di cui sono rimaste le mura e la collinetta con il melograno di “Pianto Antico”.
Era spoglio data la stagione ma la suggestione del luogo ci portava a vederlo con gli occhi del poeta, straziato per la morte del piccolo figlio Dante :
“L’albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
da’ bei vermigli fior”
Quando osserviamo particolari delle nostre città pur conoscendo la zona, pur avendoci vissuto, studiato, lavorato, ci rendiamo conto di quanto ancora non sappiamo delle loro bellezze artistiche e storiche.
Per questo l’approfondimento del nostro territorio, della nostra regione in primis, è per noi così importante.
Poi le Ancelle del Sacro Cuore di Gesù ci hanno gentilmente ospitato nel loro giardino.
Nel pomeriggio ci siamo recati a Palazzo Fava in via Manzoni per visitare la mostra “La ragazza con l’orecchino di perla, il mito della Golden Age XVII da Vermeer a Rembrant”.
Siamo rimasti colpiti dall’attenzione che la città ha riservato a questo evento. Durante il percorso l’immagine dell’opera di Vermeer raffigurata a colori sul lastrico dei portici, sembrava seguirci e volerci ricordare l’importanza della sua presenza. Ed effettivamente ammirare questa icona e gli altri celeberrimi dipinti olandesi è un’occasione storica. Bologna è infatti l’unica città europea ad avere questo privilegio.
L’opera rappresenta il clou di una raffinatissima mostra, curata da Marco Goldin sulla golden age della pittura olandese del seicento.
Il volto della ragazza con l’orecchino di perla da tre secoli evoca non solo bellezza ma mistero, ha affascinato chi l’ha ammirata o chi l’ha scoperta attraverso romanzi e film.
La guida ci ha illustrato le singole sale dei paesaggi, dei ritratti, degli interni con figure, delle nature morte; nell’ultima campeggiava il piccolo dipinto, che con la Gioconda di Leonardo e L’urlo di Munch è riconosciuta come una delle tre opere più note e riprodotte al mondo.
Tornerà all’Aia dopo la ristrutturazione del Museo Mauritshuis e lì resterà senza ulteriori spostamenti.
Un’importante esperienza in un antico palazzo ricco di affreschi, predisposto per l’allestimento di grandi esposizioni.