Le erbe tintorie di Egidio Miserocchi indietro
Testo di Carla Contessi foto di Lelio Suprani
In una splendida giornata di primo autunno, siamo andati a San Zaccaria dove vive e lavora Egidio Miserocchi, maestro tintore, che opera secondo antiche tecniche, utilizzando tessuti e colori naturali, ricavati da insetti, petali, foglie, radici, cortecce, ecc.
Il maestro ci accoglie in una bella struttura non ancora finita, che sta costruendo utilizzando materiale di recupero. Su un lungo tavolo sono adagiati dei tessuti colorati e, vicino, ci sono sacchetti e cestini contenenti i coloranti naturali:
- cocciniglie esotiche secche (femmine con uova) che servirono anche per colorare le camicie dei garibaldini, per ottenere un bel rosso;
- robbia (chiamata anche "garanzia", perché serviva come garanzia di pagamento) per ottenere un bell'arancione;
- foglie di poligono, per ottenere l'azzurro;
- guado, sostituto in occidente nel 1600-1700 dell'indaco, troppo costoso;
- reseda frutti e semi acerbi per ottenere il giallo;
- melograno, rustifina e galle (ricche di acido tannico e gallico) per il nero;
- tagete per ottenere il giallo oro, detto anche giallo santo, perché serviva a tingere i paramenti sacri;
- cardamo (zafferano dei poveri) per ottenere un giallo, però poco stabile.
Mescolando giallo e azzurro si ottiene il verde.
Legando strettamente i tessuti, prima di tingerli, si possono ottenere sfumature di colore.
Alcuni tessuti, prima di essere tinti, vanno ammordenziati: si pesano e si immergono in una soluzione di allume di rocca e soda.
Il lino è la stoffa più difficile da tingere.
Col vischio di quercia (dalle bacche gialle) e con la ruta si ottiene il verde; col mallo di noce il marrone, con la buccia di cipolla, con i fiori di ginestra, di girasole e di tapinambur, si ottiene il giallo. Col ligustro e la fillirea il grigio.
Dopo tutte queste spiegazioni, Egidio ci accompagna nel laboratorio, dove, utilizzando una mistura di ferro e aceto (lasciati a macerare per anni), stampi di linoleum incisi e pesanti mazzuoli per battere, proviamo a stampare sulle nostre stoffe. I motivi sono tantissimi: cornici con fiori e grappoli, mazzetti di spighe, melograni, cardi, pesci, alzate di fiori e frutti, ecc.
Si lascia asciugare la stampa al sole. Poi per fissare il colore, si immergono i tessuti in ranno (il detersivo che una volta si otteneva dalla cenere) e soda caustica. Si lascia in ammollo per una ventina di minuti e il disegno diventa nero. Si risciacqua un paio di volte poi si espone all'aria. L'ossigeno ossida il ferro e il disegno ridiventa color ruggine.
Successivamente verrà lavato in una soluzione di detersivo e candeggina e sarà pronto per l'uso.
Molto soddisfatti del nostro lavoro (anche gli uomini hanno collaborato!!) facciamo una piacevole sosta per mangiare un'ottima salsiccia cotta perfettamente alla brace o un crescione.
Mentre lavoriamo, in un pentolone, bolle un tessuto di seta insieme a delle foglie di alianto che lo tingeranno di giallo.
Nel pomeriggio, andiamo a Santo Stefano dove Egidio, nella casa dei genitori, ha un orticello dove coltiva alcune piante tintorie e un altro laboratorio con stampi, disegni e lavori finiti bellissimi.
Qui, sfregando con foglie fresche di poligono tintorio e utilizzando una mascherina, si ottiene un disegno blu su tessuto bianco o verde su tessuto precedentemente tinto di giallo.
Dopo il lavaggio dei nostri lavori in una grossa lavatrice trovata in discarica, ognuna di noi recupera il suo lavoro e, molto soddisfatte, ce ne torniamo entusiaste nelle nostre case.
Un grazie grande a Egidio Miserocchi, che con grande disponibilità e pazienza, ci ha permesso di utilizzare il suo laboratorio, i suoi attrezzi, i colori e ci ha mostrato la sua grande esperienza, abilità e creatività.