Gita in Friuli 2016 indietro
GITA IN FRIULI 25-26-27 maggio 2016
Diario di viaggio di CARLA CONTESSI foto di LELIO SUPRANI
25 maggio
All'arrivo al borgo di Strassoldo, il cui nome deriva dalla parola tedesca "strasse", ci accoglie Gabriella, una bella signora bionda, figlia di una Strassoldo e di un ufficiale dell'esercito inglese dell' VIII armata che liberò l'Italia nel '45. La signora, con grandi sacrifici e una paziente opera di restauro, sta cercando di riportare a nuova vita questo suggestivo borgo, trasformando le case degli armigeri in piccoli appartamenti, la pileria del riso in Bed&Breakfast e i saloni in luoghi adatti ad eventi come matrimoni, cerimonie, ecc. Il complesso, suddiviso in "Castello di sotto" e "Castello di sopra" che ormai non sono più castelli da difesa ma palazzi, comprende un bel parco con aiuole fiorite, alberi imponenti e un prato dove si esibisce con la ruota un tacchino che la signora ospita per tenere a bada le bisce d'acqua che escono dai canali di risorgiva presenti nel parco. Il Castello di sopra è un imponente palazzo con grandi sale arredate con gusto e riscaldate da bellissime stufe di ceramica. Nella grande cucina, con pavimento a scacchi bianchi e neri, ci sono moltissimi recipienti di rame, un secchiaio di pietra, un affumicatoio per i salumi e una bella cucina economica. Il giardino del castello di sopra aveva una grande orangerie di cui restano le colonne; in un angolo ci sono delle palme, un'enorme magnolia, aceri campestri e rose antiche.
Dopo un ottimo pranzo al ristorante Al Folador (antico centro di raccolta di uve e cereali) visitiamo il giardino del signor Vito Corgnali (è membro dell' Assoc.Amici in giardino e partecipa alla manifestazione Giardini aperti in Friuli) che ci accompagna e ci illustra il nome e la storia di tutte le piante che ha messo a dimora nel giardino e che cura amorosamente: bellissimi alberi (un faggio tricolor meraviglioso), innumerevoli tipi di peonie, purtroppo sfiorite, rose, digitali e papaveri giganteschi di tutti i colori. Le piante sono messe in modo che ci siano sempre fioriture. Il giardino, con piccoli prati curatissimi dove si alternano aiuole fiorite, un laghetto con le ninfee, cespugli ed arbusti, circonda la bella casa del signor Vito che ci ha offerto un rinfresco con vino e "gubana" il tipico dolce friulano. Gli facciamo i complimenti per lo splendido giardino e lo ringraziamo per la sua disponibilità e simpatia.
26 maggio
Udine è una città a misura d'uomo, ordinata e pulita. La guida Roberta ci accompagna a visitare la città, fondata dai Romani nel 181 sulla via Julia Augusta che portava verso l'Austria. Aveva cinque cinte murarie, ora non più visibili tranne in piccole tracce. Il duomo trecentesco fu fatto costruire dal patriarca Bertrando di San Genesio. I Manin (esuli nel 1300 dalla Toscana) donarono i fondi per il presbiterio. Sul timpano del duomo si vede l'aquila dei patriarchi. All'interno, rimaneggiato nel '700 in stile Barocco, sono conservate opere di Tiepolo: la pala di una cappella laterale rappresenta la trinità (è un'opera piuttosto tenebrosa di un artista che fu chiamato "pittore della luce"). In un'altra pala sono rappresentati Emacore e il suo diacono Fortunato, protettori di Udine. Indossano abiti del '500 perché Tiepolo si ispirava a Paolo Veronese. Tiepolo si esprime al meglio negli affreschi che esegue velocemente. Nella cappella degli "Angeli musicanti", per illuminare gli angeli a rilievo, apre la cupola. L'imponente campanile del duomo ha per base un battistero ottagonale. All'interno: il fonte battesimale, un'arca funeraria tutta scolpita e sostenuta da quattro figure femminili (forse vergini di Aquileia). Alle pareti lacerti di affreschi di scuola giottesca, nelle teche antichi paramenti sacri, un velo funerario ricamato e oggetti liturgici. La piazza è la più veneziana d'Italia: i palazzi hanno finestre gotico fiorite. Sulla torre dell'orologio ci sono i mori che battono le ore.
Saliamo al castello. Dal belvedere la visuale non è limpida, ma si vede la cupola di un ossario che contiene 25000 caduti della prima guerra mondiale. A Udine c'era il comando di Cadorna; dopo la sconfitta di Caporetto, la città subì una dura occupazione da parte degli Austriaci. In cima al castello la torretta del guardiafuoco e una stazione meteorologica dove una lapide ricorda Malignani (inventore della lampadina, che però non brevettò). Udine fu una delle prime città italiane ad avere l'illuminazione pubblica elettrica. Dopo il castello, Roberta ci accompagna nella piazza dove un tempo si teneva il mercato del grano e fino a due anni fa quello delle erbe. L'esterno della chiesa di San Giacomo ha un terrazzino per la Messa all'aperto in modo che gli ambulanti potessero assistervi senza dover abbandonare le proprie merci. Udine è ricca di acqua di risorgiva. Si possono ancora vedere alcune rogge dove l'acqua scorre limpida e veloce. A molti palazzi sono appesi striscioni con scritto "verità per Giulio Regeni" che è di un paese qui vicino. Sul pullman, Roberta ci illustra alcune caratteristiche del Friuli, che è una piccola regione, ma presenta una grande varietà di paesaggi: mare, pianura, collina, montagna. Di conseguenza grande varietà nella cucina e nelle parlate che subiscono spesso influenze dai paesi confinanti quali l'Austria e la Slovenia. È una terra votata soprattutto alla produzione di vini bianchi: Pinot, Verduzzo, Piccoletto (dolce, molto prezioso, viene venduto in bottiglie da mezzo litro) e Tocai friulano, secco, mentre il nome Tokaj è di un passito ungherese che ne ha rivendicato la paternità. I vini rossi sono Sauvignon, Merlot, Cabernet. La produzione non è abbondante, ma la qualità è ottima. I prezzi sono meno cari che in altri luoghi. Molti vengono qui per la benzina e gli acquisti.
Cividale (civitas est) fu fondata da Giulio Cesare (si chiamava Forum Juli). La città è addobbata di rosa per il recente passaggio del giro d'Italia. Nella piazza Paolo Diacono (lo storico dei Longobardi) c'è una statua di Diana cacciatrice proveniente da Villa Manin; sul pavimento della piazza una pietra ricorda il punto dove fu trovato nel 1874 una tomba di epoca longobarda contenente un sarcofago romano, un anello con moneta romana, una croce con una testa. I longobardi provenienti dalla Pannonia non scrivevano, non usavano il denaro, utilizzavano le monete come decorazioni; erano molto abili nella lavorazione dei metalli. Su alcune case ci sono lacerti di affreschi che sono stati scoperti durante i restauri del dopo-terremoto. Nel duomo cinquecentesco ci sono archi gotici e rinascimentali. È molto grande, perché fu sede di patriarcato. Per l'epifania viene celebrata la "Messa degli Spadoni" che ricorda l'insediamento di un patriarca che assumeva anche il potere politico. Su un altare laterale vediamo una Pietà di gesso dipinto proveniente dal salisburghese chiamata immagine della sera, perché le si rivolgeva la sera; tre organi, un grande Crocifisso ligneo del 1200-1300, sofferente, ma anche maestoso per la corona gioiello. La pala d'altare, d'argento dorato, era probabilmente un paliotto d'altare: vi sono raffigurati dei Santi: le aureole a filigrana e i nomi sono stati aggiunti in un secondo momento. Ci rechiamo poi al monastero di Santa Maria in valle, perché posto in un luogo più basso, che si affaccia sul Natisone. Era un monastero femminile benedettino poi delle orsoline fino al 1999, ora è in fase di restauro. Esso ingloba il "tempietto longobardo" (patrimonio dell'umanità) costruito prima del 774 (quando i Longobardi furono sconfitti dai Franchi). Cividale era residenza del Gastaldo e il tempietto era una cappella palatina privata. Oggi si entra dal presbiterio: sulla lunetta dell'ingresso è dipinto un Cristo con gli Arcangeli, di artista non longobardo; attorno un arco di stucco rappresenta tralci di vite. Ora è bianco, ma in origine doveva essere colorato e vi sono inseriti elementi di vetro soffiato. Le pareti erano mosaicate; ci sono colonne di epoca romana, affreschi trecenteschi e stalli di legno del 1300-1400.
Raggiungiamo Gemona, ai piedi delle montagne. Il versante scaldato dal sole è molto adatto al parapendio. Gemona quest'anno ricorda il quarantesimo anniversario del terremoto che la distrusse nel 1976 con due scosse in maggio e settembre e che fece più di 1000 vittime. Fedele al motto: prima le fabbriche, poi le case, poi le chiese, i laboriosi abitanti, ricoverati in un primo momento in tende, poi in baracche, nel giro di pochi anni hanno ricostruito tutto. Venzone che è più piccola è stata ricostruita in modo fedelissimo. Gemona, a parte via Bini, è stata ricostruita in modo moderno, naturalmente con criteri antisismici. Del duomo era crollato il campanile e la navata di destra, perché aveva ceduto il muro di contenimento che lo sostiene. Sulla facciata un enorme San Cristoforo che in questi posti è molto venerato per via dei passaggi sul fiume. A Gemona c'è un corso di laurea in scienze motorie dell'università di Udine. Visitiamo il piccolo museo del terremoto dove grandi foto illustrano il prima, il durante e il dopo. Uno dei problemi più grossi fu dove portare le macerie. Venne individuato un sito ai piedi dei monti e sopra, adesso, c'è un impianto sportivo. Alcune chiese non sono state ricostruite; di una sono state lasciate le macerie "a memoria".
27 maggio
A Marano, a bordo della motonave Saturno, il capitano Adriano ci fa da cicerone: Marano conta circa 2000 abitanti e ha una flotta peschereccia di 250-300 barche. Si pescano soprattutto molluschi (fasolari, poverazze, ecc). Si pratica la pesca a strascico o con reti lasciate in loco per 3-5 km. Passiamo davanti a una Madonnina che si trova in tutti i porti per proteggere i pescatori. Adriano è il nipote di Geremia che per primo ebbe l'idea di lasciare la pesca per accompagnare i turisti a visitare la laguna che dal '76 è oasi avifaunistica. Durante la settimana, accompagnano molte scolaresche in gita, il sabato e la domenica soprattutto corregionali. Si fanno anche gite serali dalle 17 alle 23. L'equipaggio della motonave è costituito da 3 persone: il comandante che guida e intrattiene gli ospiti e due ragazzi che ci rimpinzano di stuzzichini a base di pesce, preparato in molti modi, e vino. Lungo il tragitto incontriamo altre imbarcazioni che ci salutano. Oltrepassiamo Lignano sorta nel 1903, che d'inverno conta 60000 abitanti e d'estate 150000. In questo punto nel 1915 fu sparato il primo colpo della grande guerra: il comandante con la sua tromba suona il silenzio. Da metà giugno a metà settembre le due motonavi Saturno e Stella Polare partono da Lignano. Qui ci sono un migliaio di imbarcazioni che partecipano alla Barcolana, la regata di Trieste. Ci inoltriamo nella laguna e sembra di tornare indietro di centinaia d'anni. Le briccole dipinte di rosso e di verde indicano il senso di marcia: se il verde è a destra andiamo verso terra, se il rosso è a destra andiamo verso il mare; il numero serve per indicare il punto in cui ci si trova. Vediamo molti cigni reali; qualche volta anche i fenicotteri, quando non c'erano i motori c'erano tanti delfini. Entriamo nel fiume Stella, l'acqua è più dolce. A motore spento, stiamo in silenzio e sentiamo cantare fra le canne i canariccioni (uccellini provenienti dall'Africa). D'inverno, dall'est, arrivano molte anatre. In questi luoghi si girano tanti documentari per la televisione (Linea Blu, Pianeta Mare, ecc). Hemingway veniva qui per la caccia in botte. Passiamo sotto un bilancione poi Adriano offre una birra a un pescatore che con la sua barchettina ha pescato un paio di cassette di pesce. Ci sono circa 300 ettari di canne palustri; al di là anche i cinghiali. Gli uccelli più comuni sono i cigni, le garzette, gli aironi, le volpoche, i germani. Vediamo le casette bianche di un'azienda agricola dei Marzotto e in lontananza il campanile di Marano. "Da vicino e da lontano è sempre bella la mia Marano". I ragazzi ci offrono ottime sarde alla griglia; gettiamo i resti ai gabbiani che arrivano numerosi. Arriviamo dove ci sono una ventina di casoni di cannella. Qui le canne sono più basse perché l'acqua è più salata. Quando c'è un'alluvione, all'interno dei casoni, l'acqua arriva a 10-20 cm portando bottiglie, oggetti di polistirolo e plastiche varie. In un casone c'è un piccolo museo con foto e oggetti che ormai non si usano più. Gli spaghetti alle vongole sono ottimi e l'eclettico Adriano continua ad esibirsi nel canto accompagnandosi con la chitarra, nel ballo e nella poesia.
A Marano vediamo la torre millenaria, il palazzo dei Provveditori, la loggia comunale, la pieve di San Martino e le calle strettissime ma piene di fiori.
Tempo splendido, ottimo cibo, buona compagnia… ma cosa vogliamo di più?