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Garden Club

Visite nella nostra città indietro

 A Classe, un capitello … di Giuliana Prati

Martedì 8 novembre, ore 14.30 - in 18, ci siamo incontrati presso il piccolo museo degli scavi di Classe,
per una visita programmata da tempo dal Garden Club.
Grati alla nostra presidente per aver prenotato non solo una brava e simpatica guida, ma anche un inatteso sole autunnale, abbiamo iniziato il nostro percorso storico-archeologico.
Gli scavi attuali sono sensibilmente progrediti rispetto alla visita di alcuni anni or sono:uno specchio d’acqua
dalla forma allungata lascia intuire dove si aprisse l’antico canale che conduceva al porto commerciale,
anteposto a quello militare che ospitava la flotta di Augusto.
Seguendo la guida e il suo raccontare, ci siamo incamminati per un viottolo erboso, confine sottile fra la
campagna circostante e il limite transennato della zona archeologica vera e propria.
Il sentiero si dipana per un buon tratto parallelamente all’antica strada lastricata che si faceva largo fra le
costruzioni e conduceva al canale e al porto. Sono stati riportati alla luce infatti ciò che rimane di fondamenta
e di pavimentazioni, e le basi di antichi pilastri che segnalano la presenza di magazzini e di depositi delle merci.
I resti più rimarchevoli sono attualmente quelli di due fornaci, la maggiore delle quali di laterizi, posta all’estremità meridionale della zona.
Il numero degli strati rinvenuti nel sito è la testimonianza della densità dell’insediamento, ( in particolare al tempo di Augusto), confermata anche da ulteriori scavi situati oltre la ferrovia, scavi che ci parlano delle case dei marinai provenienti da varie regioni dell’impero e di stanza a Classe, con le famiglie d’origine.
Sul limitare del canale, un capitello di marmo capovolto, usato come riempitivo per il supporto forse di un ponte mobile; i segni dei carri, profondamente incisi nel lastrico della antica strada;
un segmento di pavimentazione a piccole piastrelle esagonali fanno immaginare quasi quasi che quel tempo e quel mondo stiano per rivivere, per integrarsi con la nostra vita.
Ma appena il treno, poco lontano, passa sferragliando sulla massicciata, quella sensazione perde il suo incanto e svanisce per sempre.
Una corsa veloce verso la città, in auto. E poi al Museo Nazionale, presso la basilica di San Vitale, per la seconda
parte della visita.
I chiostri dei conventi sono sempre luoghi di suggestione, di più se la luce è quella di un sereno tramonto di autunno.
Così nel primo dei tre chiostri che si trovano nel complesso: lungo le sue pareti, ordinati, sarcofagi, lapidi, steli a raccontare, con silenziosa discrezione, storie e vite vissute secoli fa.
Infine le sale ai piani superiori: bacheche con ampolle, pettini, dadi, monili; transenne di marmo arabescato e altre testimonianze di quotidianità lontane che abbiamo visto (o rivisto) con vero interesse, non solo per rafforzare
la curiosità, ma anche per recuperare tessere di memoria e di consapevolezza della storia della nostra città.

Due metri sotto il piano calpestabile…di Giuliana Prati

QUANDO :
16 gennaio 2006. Il freddo è pungente e il cielo uniformemente grigio alle 14.30, quando circa 20 soci del Garden si ritrovano presso il Museo Nazionale, per un percorso storico artistico, ispirato alla figura di Galla Placidia.

CHI :
Galla Placidia, figlia di Teodosio (Imperatore ), sorella di Arcadio ed Onorio (Imperatori rispettivamente di Oriente e di Occidente), fatta prigioniera da Alarico (re dei Visigoti), sposa e vedova di Ataulfo (cognato e successore di Alarico), sposa e vedova di Costanzo (generale bizantino, associato poi al trono imperiale), madre di Onoria e Valentiniano (futuro Imperatore di occidente), imperatrice reggente per il figlio fino alla sua maggior età (437), nasce attorno al 386 e muore nel 450 a Roma. Sopravvissuta agli intrighi della corte imperiale, alle invasioni barbariche, a due matrimoni, alle paludi ravennati, alle tempeste di terra e di mare, fu donna di incrollabile fede cristiana che concretizzò negli edifici religiosi che arricchirono Roma e Ravenna.

CHE COSA :
Il mausoleo di Galla Placidia; la chiesa di Santa Croce; San Giovanni Evangelista.
Una signora minuta, un po’ intirizzita, ci raccoglie attorno a sé e, quasi bisbigliando le sue informazioni, ci prende “per mano” e ci fa strada attraverso il museo, lungo il quadriportico delle stele romane, infine dentro la basilica di San Vitale: spettacolo mozzafiato, come sempre!
Ma la vera meta ci attende fuori. Il prato che circonda il sito è verde anche in questa stagione e fa da contorno non solo alla basilica ma anche al tempietto di Galla.
Ed eccolo questo piccolo gioiello che ha sfidato il tempo (storico, meteorologico…)
e che la tradizione ravennate vuole essere la tomba di Galla: dall’esterno una piccola costruzione, appena a croce latina, mattoni e tegole rosso antico, un coro di archi appena accennati tutto intorno, una finestrella chiusa da alabastro alle estremità della croce; al centro un torrione quadrato e tozzo: un’immagine severa, ma aggraziata.
Il capolavoro è però all’interno: il tempo di abituarsi ad una luce soffusa e 1500 anni volano via in un attimo:
il blu e l’oro delle stelle a mosaico pullulano in un cielo senza confini;
e paesaggi, santi, animali, decorazioni animano le volte dei bracci e tengono a naso
all’insù fino a che la cervicale non obbliga a spostare lo sguardo.
La guida ci riferisce che le pareti sono state rivestite di marmo giallo di Siena, secondo un rinvenimento fatto ai primi del ‘900, a circa 2 metri sotto l’attuale pavimento ( del XVI sec.), reperto che giustificò l’opera di restyling che ne seguì.
Lo sguardo infine si posa sui 3 sarcofagi che occupano i 3 bracci più corti, tanto mastodontici da far pensare che il tempietto sia stato costruito loro attorno posteriormente, lasciandoci tuttavia, ancor oggi, incerti sull’identità degli “ospiti” che proteggono.
Di nuovo attraverso il prato che abbraccia gli archi rampanti di San Vitale, lungo un acciottolato scomodo che fiancheggia il sito, ed eccoci nei pressi di S. Croce: quello che vediamo è una chiesa completa (che si sa amputata per sempre della sua parte anteriore) di cui il tempietto di Galla era una propaggine laterale.
Non ci apre le porte, perchè in fase di restauro; il campanile appare rachitico e inadeguato; attorno, 2 metri sotto il piano stradale attuale, in una specie di anfiteatro improvvisato, i resti di un’abside ampia e di altri ambienti attigui e soprattutto la traccia di un antico porticato che fiancheggiava i lati della chiesa.
Una parte della pavimentazione a mosaico, sopravvissuta, è coperta da un tetro telo di plastica bagnato che ci fa rimandare la conoscenza. Il freddo si accentua, la luce del giorno si attenua; la guida si incammina e noi con lei: verso via di Roma poi la piazzetta di Anita Garibaldi.
Ultima meta: la basilica di S. Giovanni Evangelista.
Anche questa, voluta da Galla, pare, per esaudire un voto fatto al santo che la protesse da una traversata adriatica particolarmente tempestosa, era, al tempo, in riva al mare.
Oggi ci accoglie un portale di marmo bianco in un quasi unico, per Ravenna, esempio di struttura gotica con bassorilievi raffiguranti fra l’altro la stessa imperatrice nell’atto di ricevere una reliquia dopo aver pregato il santo.
Superato il recinto del ’59, si accede alla basilica vera e propria, ricostruita fedelmente nella struttura, dopo che i bombardamenti nell’ultima guerra l’avevano praticamente rasa al suolo.
A tre navate, separate da 24 colonne con pulvini tutti diversi, è una chiesa spaziosa, ma essenziale nell’arredo e nelle decorazioni. Il pavimento che deve aver calpestato Galla è 2 metri sotto quello attuale e ne rimane traccia tangibile nei frammenti musivi oggi appesi come quadri lungo le pareti: riproducono scene di caccia, animali in lotta, motivi ornamentali, lettere con i nomi dei mesi e altro ancora.
Nella parte alta delle pareti ancora tracce di affreschi oggi quasi illeggibili. In un angolo, una antica colonna originaria la cui base è a 2 metri sotto i nostri piedi. Usciamo quando il buio è ormai prossimo.
I ringraziamenti alla nostra gentile guida sono d’obbligo, poi è un susseguirsi di saluti e di arrivederci alla prossima.

Ravenna, questa sconosciuta! di Carla Contessi

Dopo le visite agli scavi di Classe e alle testimonianze di Galla Placidia e Teodorico, prosegue l’iniziativa
“Io turista nella mia città”, promossa dal Garden Club. Il 28 marzo abbiamo ammirato un tesoro sconosciuto
a molti, conservato nel cosiddetto “Palazzo di Teodorico”: mosaici pavimentali provenienti dall’area circostante.
La visita poi è proseguita alla mostra “Santi Banchieri Re” e alla Domus dei tappeti di pietra.
Tutti noi siamo abituati agli splendenti mosaici di pasta vitrea delle nostre basiliche e troppo spesso
trascuriamo i mosaici pavimentali: di marmo, con colori meno accesi, ma non per questo meno belli,
tesori rimasti per secoli sepolti dai depositi alluvionali e che riemergono durante scavi a volte casuali.

 

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