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GIARDINI DI CARTA di Evelyne Bloch-Dano indietro

Giardini di carta. Da Rousseau a Modiano                                              di  Evelyne Bloch-Dano


Ho sognato un libro che si apra come si spinge il cancello di un giardino abbandonato.

Con questa prefazione di Christian Bobin, scrittore e poeta vivente, noto per dare alle proprie opere un'impronta meditativa e metafisica, Evelyne Bloch-Dano invita alla lettura, amabile, del suo Giardini di carta Da Rousseau a Modiano, dato alle stampe per l’editore Add nel 2016.

Il testo si apre con un rammarico nelle parole di Virginia Woolf che, mentre dichiara la propria passione per i giardini ,veri paesaggi dell’animo, ammette di essere lei per prima delusa che nel mare non possano crescere fiori e in mezzo all’oceano lo sguardo non riesca a cogliere campi di malvarosa o di violette.

Per Evelyne Bloch –Dano il giardino è già di per sé un universo, un luogo del tutto particolare, incantato, dove si tesse con armonia il suono del silenzio, dove il movimento della luce, che incede misteriosa e limpida, sopravanza il chiaroscuro di ombre talvolta allungate in disegni di oziosa armonia.

E’ uno stato di grazia che si rinnova e stupisce, è una bellezza di cui ci si sazia liberamente, con sana ingordigia.

Lo riesprime di volta in volta l’autrice intrecciando le vite e gli interessi di grandi scrittori, a loro volta amanti dei giardini: invita a passeggiare in piena libertà nel racconto e cercare una strada ove addentrarsi ma anche uno spazio ove potersi fermare.

La meditazione, diceva Honorè de Balzac, è incontro profondo: accade quando seduti in giardino al tramonto su una panchina ricoperta di muschio siamo impegnati a dirci futilità o a raccontarci davvero nella calma più appagante.

E’ stupore e sorpresa, a volte semplicemente espressione di parole nuove perché evocano sogni che possiamo (ancora) fare.

Pur in presenza del più spoglio dei giardini, gli occhi attenti su un paesaggio che il tempo di autunno amplifica, abbagliati dagli ori delle foglie e dal rosseggiare ancora mutevole delle fronde, si vive la consapevolezza densa, e semplice al tempo stesso, di quanto sappia offrire la natura.

Lo confida, con discrezione, Rousseau mentre trascorre il suo ultimo tempo di vita intento a raccogliere erbe in giardino sin dal mattino.

Mi alzavo col sole, ed ero felice, passeggiavo e ero felice(…) lavoravo in giardino (…) e la felicità mi seguiva ovunque.

Rita Farneti

Riferimento
Evelyne Bloch-Dano,Giardini di carta. Da Rousseau a Modiano, Torino,Add Editore,2016

 

 
 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

                                                                                                     

 


 

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